Papa Francesco nella preghiera speciale per l’emergenza sanitaria ha detto: “Siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Siamo tutti coinvolti in questo sistema capitalistico e su ciò, propongo delle riflessioni. J.J. Rousseau, affermava: “L’uomo nasce buono, ma è la società che lo corrompe”. Non ho certezze: so solo che nella società capitalistica la bontà non esiste, è una società di homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo). Secondo Hobbes, la natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell’uomo, sono solo l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione. C’è da chiedersi: ma l’uomo sarebbe diventato così cattivo, così egoista se non si fosse cibato di carne per millenni, ereditando l’aggressività e la ferocia dei carnivori predatori? La crudeltà fa parte della cultura umana e non sappiamo se faccia parte della natura. Ai tempi degli antichi romani, il divertimento consisteva nell’andare al Colosseo a vedere i gladiatori che uccidevano o venivano uccisi dalle belve, più tardi si divertivano a vedere bruciare le streghe o ad assistere a decapitazioni e impiccagioni. Questo tipo di essere umano, è peggiore delle bestie che uccidono per mangiare e sopravvivere, credo senza divertirsi. Questa era la normalità. E chi non si adeguava o non si adegua alla normalità, veniva e viene deriso, offeso o persino ucciso. Le dittature credo nascano da questo bisogno di “normalizzazione”. La normalità dei nostri giorni è di cibarsi di cibo spazzatura che fa ammalare, che fa venire il cancro, che indebolisce la nostra salute. Cosicché le multinazionali prima ci vendono il cibo spazzatura e poi la chemioterapia, guadagnandoci sempre. Se mangiassimo cibo sano e le nostre difese quindi sarebbero più alte, il Covid non avrebbe la forza di ucciderci. Le persone grasse sono più a rischio a causa della sindrome metabolica. Un’alimentazione scorretta può alterare la composizione del microbiota intestinale, con un aumento dei batteri che favoriscono l’assorbimento dei grassi ingeriti. Tutto questo può determinare l’alterazione di parametri metabolici tipici della sindrome metabolica. Secondo il dottor Franco Berrino, epidemiologo, già direttore del dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto tumori di Milano e tra i pochi ricercatori italiani chiamati a collaborare al “Food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer”, c’era già una pandemia metabolica in tutto l’Occidente, dove si riscontrano sempre più casi di obesità addominale, ipertensione, dislipidemia, colesterolo alto, glicemia elevata. Le malattie infettive dipendono non solo dal contatto con il microbo o il virus, ma anche dall’organismo che incontrano. Secondo grandi studi epidemiologici, su 158 Paesi di cui si conosce il sistema alimentare, pubblicato su ‘The Journal of nutrition, health & aging’, il tasso di infezione da Covid 19 si riduce con un maggior consumo di legumi. In particolare, i ricercatori hanno preso in esame la correlazione tra mortalità per Covid e consumo medio di una dozzina di alimenti e hanno notato una correlazione più forte dove si consumano bevande zuccherate: si sa da anni che lo zucchero è un veleno per il sistema immunitario. La mortalità si riduce invece, con l’aumento del consumo di legumi e frutta”. È necessario mangiare cereali integrali: le fibre fanno funzionare bene l’intestino, nutrono i microbi buoni che vivono nell’intestino e lo mantengono in buona salute, e se l’intestino è sano, anche il sistema immunitario lo è e ci difende dalle infezioni”. Il dottor Berrino afferma: “Non solo c’è un nesso tra corretta nutrizione e rischio di contrarre l’infezione da Sars-Cov II, ma c’è anche un nesso tra corretta nutrizione e gravità delle forme in cui si manifesta la malattia”. In un mondo malato in cui abbiamo perso la speranza, è difficile veicolare queste informazioni ed essere creduti, perché per tanti in questo mondo avvelenato dalla cupidigia che favorisce l’inquinamento, gli interessi di grandi multinazionali (che non coincidono con i nostri) si adeguano alle verità più diffuse, ufficiali, anche se senza serietà scientifica: chi pone un’alternativa che potrebbe salvarci, viene demonizzato, etichettato come stregone. Bisognerebbe sapersi liberare dall’aggressività, dalla competizione che ormai è dentro di noi dopo millenni di carnivorismo: nella carne c’è tutta la disperazione e il dolore degli animali uccisi e l’indifferenza e il cinismo di chi li mangia (non riesco a guardare le vetrine delle macellerie dove sono esposte teste di animali morti che mostrano tutta la disperazione e il terrore della morte). L’uomo è un primate non carnivoro che ha forzato la sua natura. Bisognerebbe liberarsi dalla competizione, acquisire più empatia per il vivente. Sono aggressività, competizione, cinismo, che ci hanno portato a dare tanta importanza al Pil come se la terra avesse risorse infinite, senza rispetto per la natura. Bisogna invece pensare a uno sviluppo sostenibile (e gli allevamenti intensivi non sono sostenibili) che investa tutti i campi della sostenibilità, dalla povertà al cambiamento climatico, dalla parità di genere allo stato dei mari e della biodiversità terrestre (invisa alle multinazionali). Come sosteneva Bob Kennedy, gli indicatori del benessere sono più importanti rispetto al Pil. Cominciamo ad avere informazioni esaustive sul percorso verso uno sviluppo sostenibile. Ma i politici sono davvero in grado di usare tutti questi dati? Tutte le proiezioni economiche indicano che nei prossimi anni sarà molto difficile che il Pil possa crescere nei Paesi già industrializzati più di un 2% all’anno (1,5% per l’Italia). Con questi tassi di crescita, è difficile affrontare i problemi della disoccupazione e delle diseguaglianze affidandosi soltanto ai meccanismi di mercato. Sarà sempre più necessario pertanto, che le scelte politiche siano concepite guardando agli effetti complessivi sulla società e quindi al benessere. Il prodotto interno lordo non aiuta a misurare davvero lo stato di salute di un Paese soprattutto se si pensa che un’azienda può essere registrata in un Paese, ma fabbrica prodotti in un altro e paga le tasse in un altro ancora. L’imperativo della nostra economia è la crescita continua, inarrestabile, vertiginosa. Trasformare l’economia in una gara a chi produce di più, ha portato a conseguenze disastrose, alla devastazione dell’ambiente, allo sfruttamento di mezzo mondo, alla disoccupazione di massa; in una parola, all’infelicità. le nazioni non devono scegliere tra la ricchezza e la felicità, l’una non esclude l’altra. Bisognerebbe calcolare gli indici di felicità degli abitanti e valorizzare le risorse naturali. Giuseppina Buscaino