Si può comprendere la Resistenza solo riscrivendone la storia partendo dal ruolo delle donne, lasciato a lungo nell’ombra e oggi non ancora adeguatamente riconosciuto. Le donne lottarono coraggiosamente contro il nazifascismo, come combattenti, staffette, infermiere, vivandiere o portarono avanti la Resistenza civile sia con iniziative individuali, sia di massa, appoggiando i partigiani, scioperando, boicottando e non collaborando, azioni anch’esse a rischio di interrogatori, torture, prigione e persino la morte. Finita la guerra, le donne parteciparono alla ricostruzione del Paese, nella Consulta Nazionale, l’assemblea legislativa provvisoria non elettiva del Regno d’Italia, istituita con decreto luogotenenziale del 22 settembre 1945, per sostituire il Parlamento, finché non si fossero indette regolari elezioni politiche (2 giugno 1946). Su 440 membri della Consulta, 13 erano le donne: 6 laureate, 3 diplomate, 4 senza titolo di studio superiore, rappresentative della realtà socio-economica italiana, dalla scuola al mondo del lavoro, agricolo e operaio. Solo 5 rappresentanti consultrici vennero elette nell’Assemblea Costituente: Adele Bei Ciufoli, Laura Bianchini, Angela Maria Guidi Cingolani, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini.

Alle amministrative del 10 marzo 1946 si presentò alle urne l’89% delle donne che avevano ottenuto il diritto al voto attivo e passivo (25 milioni), votando per la prima volta. Vennero elette anche donne sindache, ma l’atteggiamento nei loro confronti non mutò: continuavano ad essere sottovalutate e viste sempre con un po’ di diprezzo e un po’ di compatimento insieme. Ben lo sottolineava Teresa Sofia Ida Mattei, nome di battaglia Chicchi, nata a Genova il 1° febbario 1921 da famiglia antifascista, fin da giovanissima staffetta partigiana, tra i fondatori dei GAP romano e fiorentino, che tra il ’43 e il ’45 partecipò a numerose azioni di lotta. Catturata a Perugia dai nazifascisti, torturata e violentata, riuscì ad evadere e sfuggire alla fucilazione: per tutta la vita avrebbe portato i segni delle torture, con la frattura della mandibola e della mascella destra, perdita dei denti delle arcate destre e lesioni permanenti ai reni. Il 4 giugno 1944 si laureò in Filosofia in circostanze avventurose: dopo aver fatto saltare (insieme a un compagno, rimasto ucciso) un convoglio carico di esplosivo, inseguita dai nazisti, si era rifugiata presso l’università, dove il suo professore improvvisò una commisisone estemporanea per discutere la sua tesi di laurea. A Firenze affiancò Bruno Sanguineti, in seguito suo marito (e padre di due suoi figli), tra i capi della Resistenza di Firenze e Roma, che mancherà precocemente a 41 anni, nel 1950. Comandante della Brigata “Gianfranco Mattei” del Fronte della Gioventù, Teresa nell’agosto 1944 partecipò alla liberazione di Firenze. A lei e al suo gruppo di combattenti si ispirò Roberto Rossellini, per l’espisodio fiorentino del film “Paisà”. Terminata la guerra, fu incaricata dei collegamenti tra UDI e PCI e, ai primi di marzo del 1946, propose a Luigi Longo (vice-segretario del PCI), la mimosa, come simbolo per la festa della donna. Dopo averla ascoltata a Firenze a un convegno dell’UDI, Palmiro Togliatti, la volle a Roma, dove la corteggiò insistenetemente e inutilmente: Teresa aveva rispetto per l’amica Rita Montagnana, al tempo moglie del Segretario del PCI. Il 2 giugno 1946 fu la più giovane (venticinquenne) rappresentante eletta tra le 21 donne dell’Assemblea Costituente, e nominata segretaria dell’Ufficio di Presidenza. Contribuì alla definizione dell’art.3 della Costituzione, battendosi perché si sancisse un’uguaglianza sostanziale, economica, sociale, di genere, tra tutti i cittadini. Fu l’unica donna del “Comitato dei 18”, che il 27 dicembre 1947 consegnò al capo dello Stato, Enrico De Nicola, il testo della Costituzione. Incinta di un uomo sposato, non rinunciò ad avere il figlio, respingendo le ingerenze nella sua vita privata del partito, che nel 1948 non la ricandidò. Il “Migliore”, che ormai l’apostrofava come “maledetta anarchica”, la espulse dal PCI nel 1955. Lei ottenne che la sua espulsione non fosse per indegnità, ma per dissenso politico: aveva infatti criticato la politica stalinista. Teresa non smise mai di promuovere una politica di pace e di battersi per i diritti di donne e bambini, tanto che nel 1987 fondò a Ponsacco, la Lega per il diritto dei bambini alla comunicazione e, col figlio Rocco, Radio bambina. Nel 1997 testimoniò nel processo militare contro Priebke, aguzzino dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Nel 2001 denunciò gli abusi del G8 di Genova e il vulnus della Costituzione. Nel 2005 le fu conferita l’onoreficenza di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica. Vice presidente dell’ANPI di Pisa, trascorse gli ultimi anni a Usigliano di Lari, dove morì il 12 marzo 2013, a 92 anni appena conmpiuti, ultima testimone delle Madri Costituenti. Genova la omaggia, su iniziativa della Sezione ANPI Teresa Mattei, sostenuta da Coop Liguria, con una accurata mostra storico-documentaria: Teresa e le altre – Partigiane genovesi e Madri della Costituzione, presso l’Area archeologica Giardini Luzzati, fino al 29 aprile. Curata dalla storica della Resistenza, Anita Ginella (cugina della Mattei), insieme a Loredana Bevegni, ex sindacalista, la rassegna presenta fotografie, interviste inedite (Maria Martinoni, Fidia Lucarelli, Savinia Bozzano), scaricabili attraverso il Qr Code sul cellulare, documenti originali, articoli di giornali storici come Noi Donne e schede delle combattenti, dalla Valpolcevera al Ponente genovese.

L’elegante logo è stato disegnato da Davide Manzi: il papavero simboleggia il sangue versato, la mimosa, pianta dalle solide radici come la memoria, la rinascita, e il verde, la speranza in un mondo migliore, realizzabile solo seguendo i princìpi della nostra Carta fondamentale. Per dirla con Teresa Mattei:

“Le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti, ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario, che si è costruito in Italia, alla Libertà, alla Giustizia, alla Resistenza, all’Antifascismo, al Pacifismo, è la nostra Costituzione”.

Floriana Mastandrea

 

 

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Di Floriana Mastandrea

Giornalista, scrittrice, sociologa: per una società più equa, la giustizia giusta e i diritti, soprattutto per i più deboli. Combattente per indole e per necessità.